Smartworking è una delle parole più ricercate sui motori di ricerca negli ultimi mesi, per l’esattezza da quando la pandemia ci ha costretti a casa. Ad andare in crisi non sono soltanto i modelli lavorativi che abbiamo conosciuto sino a ieri, ma proprio il sistema di valori e quindi il nostro modo di vivere.

La proposta di Deutsche Bank.

Luke Templeman, strategist dell’istituto bancario Deutsche Bank, ha avanzato una proposta che ha dell’incredibile, ancor più se pensiamo non siamo ancora usciti da questa crisi che ha coinvolto il mondo intero e che certamente avrà delle ripercussioni sull’economia globale. La proposta di Templeman, riassunta nello studio “What we must to do rebuild” ossia cosa dobbiamo fare per ricostruire, afferma che sarà necessaria l’introduzione di un smart working tax del 5% da applicare a tutti i lavoratori da remoto in modo da favorire le categorie che sono maggiormente vittime economiche della pandemia.

Le ragioni della proposta.

Secondo l’analista della Deutsche Bank gli smart workers sono i più favoriti da questa crisi in quanto conducono una vita economica completa contribuendo de facto in maniera inferiore all’economia. E questa tassa riequilibrerebbe una situazione tra coloro che hanno gli strumenti per accedervi e chi invece non può farlo. Secondo Templeman lo smart working avvantaggia i lavori da remoto in quanto offre risparmi diretti sulle spese (pranzo, viaggi, vestiti), risparmi indiretti (le spese sostenute in ufficio) e soprattutto vantaggi intangibili (la comodità, sicurezza e flessibilità dell’orario di lavoro).

Quando potrebbe essere applicata questa tassa?

Lo smart working tax, secondo lo studio di Deutsche Bank, potrebbe essere presa in considerazione e quindi applicata successivamente alla crisi Covid, quando il lavoro da remoto non sarà più incentivato dai governi stessi, e prevede l’esclusione dei lavoratori autonomi e quelli a basso reddito.

La reazione dei sindacati alla proposta di Deutsche Bank.

La proposta avanzata dall’istituto tedesco non è piaciuta ai sindacati italiani. Massimo Masi, Segretario generale della Uilca, ha risposto attonito alla proposta, sostenendo che trova incredibile come i lavoratori debbano pagare una tassa per usufruire dello smart working.

Voglio spiegare al gruppo Deutsche Bank che in Italia esiste lo Statuto dei Lavoratori ed esistono i sindacati, con cui vanno discusse e condivise eventuali nuove linee guida. Inoltre ricordo al gruppo che in Italia il lavoro da remoto non è una concessione della banca al personale, ma un diritto dei bancari, espressamente disciplinato nel rinnovo del contratto nazionale del credito, siglato il 19 dicembre 2019, quando la crisi legata al Covid-19 ancora non esisteva. All’interno del contratto infatti è definito un articolo che disciplina il lavoro agile nel settore: oltre a inserire per tutto il settore linee guida comuni sullo smart working abbiamo ottenuto, primi in Italia e tra i primi in Europa, il diritto alla disconnessione, elemento fondamentale per garantire l’equilibrio tra vita lavorativa e vita personale. Dovrebbero essere i manager di questa banca a tassarsi, non i lavoratori che percepiscono uno stipendio di 1.500 o 1.800 euro. Credevamo che la lotta di classe o le divisioni tra lavoratori fossero un retaggio culturale degli anni passati. Consigliamo alla Deutsche Bank invece del più bieco populismo di aiutare di più le pmi, le imprese artigiane, le partite Iva con erogazioni del credito, piuttosto che creare pretesti e divisioni inutili e pericolose.

Massimo Masi, Segretario generale della Uilca.

Inoltre, conclude Masi, la cosa ha dell’incredibile considerando che il fatto che ad avanzare una tale proposta sia proprio una banca.

Noi di Coderblock siamo convinti che sarà necessario, nei prossimi mesi, ridiscutere il modello lavorativo, sia a livello pubblico che privato, conosciuto sino a ieri. Lo smart working è una opportunità che dovrebbe coinvolgere tutti senza discriminazioni, e questo significa che bisogna dotare di strumenti coloro che non ne hanno.

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